LEI CHE OFFRì LA FACCIA AL VENTO

sabato 31 ottobre, ore 20.30
Sestri Levante
Convento dell'Annunziata, via Portobello
serata a cura di Gloria Carabbio
Proiezione "A farewell to beat"
interviene Don Andrea Gallo. Concerto e reading di e con Alberto "Napo" Napolitano, Federico Sirianni, Andrea Sigona, Patrizia Merciari, Roberta Alloisio, trio Parampampoli, Fabrizio Maiocco
ingresso libero

NANDA RACCONTA HEMINGWAY

venerdì 30 ottobre, ore 9.45
RAI STORIA

OMAGGIO A NANDA E FABER

domenica 18 ottobre 2009, ore 18
Cagliari, Teatro Massimo
via De Magistris


Festival Letterario Francesco Alziator - dir. artistico Salvatore Niffoi
incontro con Elena Valdini e Enrico Rotelli. Coordina Alfredo Franchini
ingresso libero

LA SIGNORA CHE SCOPRì L'AMERICA: NANDA, HEMINGWAY E IL CINEMA



Genova, Palazzo Tursi
lunedì 12 ottobre, ore 17.30




Proiezione di alcuni spezzoni di "Addio alle armi", nelle due versioni di Frank Borzage (1932) e Charles Vidor (1957)
introducono Francesco De Nicola e Marco Salotti. Coordina Margherita Rubino

PREMIO ROSA CAMUNA

Milano, Palazzo della Regione (Pirellone)
Piazza Duca d'Aosta 3
lunedì 5 ottobre, ore 17
Sala Giorgio Gaber - Premio Speciale alla memoria a Fernanda Pivano

CASA DEL CINEMA

Roma, Villa Borghese
Largo Marcello Mastroianni 1
lunedì 5 ottobre, ore 17
Incontro a cura di Italo Moscati. Intervengono amici e collaboratori.
Sala De Luxe - Proiezione dei film

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Generazioni d'amore. Le quattro Americhe di Fernanda Pivano, diretto da Ottavio Rosati e prodotto da Grazia Volpi (52')

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Fernanda Pivano. A Farewell to beat, diretto da Luca Facchini, prodotto da Fandango (68')

ingresso gratuito

PREMIO CHIARA

Varese, Villa Recalcati, Piazza Libertà 1
sabato 3 ottobre, ore 21
incontro con Elisabetta Sgarbi, Antonio Troiano, Enrico Rotelli
parole e musica con Giulio Casale


ingresso gratuito

INTERVISTA

I Viaggi del Sole (Sole 24 ore) - Cuba
01.10.2009 (pp. 134/135)
"Il mio amico Hemingway"
intervista a Fernanda Pivano realizzata a fine luglio 2009


Lei conobbe Hemingway nel 1948 a Cortina. Può raccontarci le ragioni e le emozioni di quell'incontro?
Era ottobre. In quella stagione l’hotel Concordia era chiuso e l’avevano aperto apposta per Ernest Hemingway. Qualcuno gli aveva detto che ero stata arrestata dalla SS tedesche a Torino, nel corso di una retata alla sede dell’Einaudi dove avevano trovato il contratto di traduzione di "A Farewell to Arms". Mi ha mandato subito una cartolina chiedendomi di raggiungerlo. Credevo fosse stato lo scherzo di qualche stupido e non ho voluto rispondere. Ma lui me ne ha mandata un’altra e allora ho preso il primo treno disponibile. L’ho incontrato nel salone di quell’hotel Concordia davanti a una quindicina di invitati: una di quelle tavolate patriarcali che gli piacevano tanto. Appena mi ha vista ha attraversato il salone con le braccia tese e mi ha detto ad un orecchio: “Tell me about the Nazi”.

Da allora vi unì una profonda amicizia, e lei ebbe la fortuna di stare al suo stesso tavolo. Com'era Hemingway al lavoro?
Ci accomunava la fiducia in questo lavoro. Lavorava con grande serietà. Con grande impegno. L’ho visto buttare pagine su pagine, riscriverle da capo per trovare la parola giusta. Si arrabbiava se gli chiedevo perché buttava l’intera pagina invece di correggere solo la parola che non gli piaceva.La mattina c’era la cerimonia della posta. Mi dava quella italiana e rispondevamo insieme. Gli piaceva ricevere lettere. Rispondeva sempre, anche “per scaldarsi la mano” prima di scrivere qualcuna delle sue pagine memorabili. Una volta mi ha telegrafato da Venezia di raggiungerlo all’hotel Gritti. Voleva farmi leggere un suo romanzo prima di consegnarlo all'editore.

E Hemingway non scrittore, chi era?
Ci sono folle di ricordi della sua generosità e della sua gentilezza. Era molto premuroso, mi dava consigli. Ma quando gli ho confessato di essere astemia mi ha risposto: “Questa non me la dovevi fare, daughter”.

Quanto, a suo parere, la vita reale di Hemingway ha segnato la sua produzione letteraria? A cosa dobbiamo il mito-Hemingway?
Forse nel suo desiderio di domare “l’eterna puta”, la morte. La morte da domare ha ossessionato Hemingway per tutta la sua troppo breve vita. Era presente ogni volta che prendeva in mano un’arma o una fiocina nella caccia grossa e nella pesca d’altura. I suoi romanzi che siano di guerra, di pesca, di caccia, di corrida, di safari hanno sempre per protagonista la morte. Fin da quando è stato ferito a 18 anni ha deciso di studiare “il più possibile da vicino” quella che chiamava "la più semplice di tutte le cose”. I suoi racconti sono sempre imperniati sulla trilogia del cacciatore, del cacciato e della morte, dove la simpatia va sempre al cacciato, l’ostilità va sempre al cacciatore. A meno che il cacciatore sia a sua volta un cacciato, vale a dire rischi la vita nella caccia.

Lei fu invitata nella sua Finca di Cuba... che tipo di rapporto aveva Hemingway con l'isola?
Mi aveva già invitata tante volte. Sono riuscita ad andarci solo nel 1956 con un Leader’s Grant, una borsa di studio per l’America. Dopo essermi assicurata che Hemingway si trovava nella Finca, avevo organizzato una deviazione per Cuba con l’aiuto del Dipartimento di Washington. Ma arrivata all’aeroporto Rancho Boyeros dell’Avana, Hemingway non c’era. Al suo posto c’era Mary, sua moglie. Sorridendo, mi aveva detto che che Hemingway sarebbe arrivato l’indomani. E l’indomani Hemingway era arrivato sulla sua Pilar dalle acque del Perù dove si trovava per le scene di pesca de “Il vecchio e il mare”. Aveva i bermuda sorretti da una corda sotto lo stomaco teso dal gin e la barba bianca. Non so se ero più stordita dall’emozione o dallo splendore di quei paesaggi. Seduti nel giardino della Finca Vigia tra il canto dei colibrì e i profumo del frangipane, Hemingway mi raccontava la storia dell’isola e dei suoi eroi nazionali. Il suo preferito era Hatuey, un capo indo-cubano indigeno che aveva tentato una rivolta contro Diego Velasquez ed era morto impiccato. Alcuni giorni dopo erano arrivati anche i due attori del film: Katherine Hepburn e Spencer Tracy. Spencer Tracy, ubriaco fradicio, era stato aggressivo con me. Mi aveva chiesto chi credevo di essere per aver interrotto le riprese del fim...

Lei decise di affrontare l'opera di Hemingway anche se la critica (e il regime) italiano erano decisamente ostili. Per la traduzione di Addio alla armi fu persino arrestata...
Nei suoi libri ho visto la libertà. E il sogno della libertà è il testamento umano e letterario che Hemingway ci ha lasciato.

Ultimamente, ne avrà letto, sono stati pubblicati libri che hanno circondato la vita e la morte dello scrittore di ulteriore mistero. Si parla di Hemingway assoldato dal KGB, oltre che dalla CIA, mentre si conferma il pedinamento da parte della FBI. Che cosa ne pensa?
Non ci penso. Poco prima di morire mi ha telefonato. Mi ha detto: “Non posso più bere, non posso più mangiare, non posso più andare a pesca, non posso più andare a caccia, non posso più fare l’amore.” E ha concluso dicendo: “Non posso più scrivere, daughter.” Non mi ha mai parlato di queste storie.

Dopo 40 anni lei è tornata alla tomba di Hemingway. Come mai ha deciso di farlo e quali sono state le sue emozioni?
E' stato nell’estate del 2001. Non sarò mai abbastanza grata a Domenico Procacci che mi mi ha fatto il regalo di produrre “A farewell to beat”, un titolo strano per un film in cui andavo in America a “salutare” i miei amici. Molti avevano già raggiunto gli immensi spazi profumati dell’eternità: Kerouac, Ginsberg e Hemingway. E’ stata l’unica volta che sono stata a Ketchum, Idaho, dove Mr. Papa è stato sepolto sotto a un pino non molto antico. La grande lapide di Hemingway era coperta di monetine. Accanto c’è quella di Mary. Mentre recitavo il Pater Noster che lui diceva a messa e il Nada caro al suo cuore, era comparso un animale bianco-grigio bellissimo, con una grossa coda più lunga del corpo e aveva fatto il giro della tomba. Era un coyote, l’animale tanto amato da Hemingway. L’indomani alla stessa ora l’avevo visto dalla finestra dell’albergo ritornare indisturbato a salutare la tomba cara a tanti di noi.

GRANDE, IMMENSA NANDA

Milano, piazza Duomo
giovedì 24 settembre 2009, ore 21
Paolo Sorrentino legge Song di Allen Ginsberg nella traduzione di Fernanda Pivano